Etologia del cane

Il comportamento del cane

Il comportamento originario del cane ancestrale/lupo è andato notevolmente modificandosi attraverso l' ipertrofizzazione o l' eliminazione di schemi motori già presenti e con la comparsa di comportamenti nuovi. Questo processo è stato possibile grazie ad un programma di selezione dei riproduttori che dimostravano di possedere al meglio le caratteristiche desiderate.

Nel passaggio da una generazione all' altra è stata alterata la frequenza di comparsa di determinati fenotipi comportamentali. Nel corso della selezione artificiale è possibile procedere per migliorare un particolare carattere, ma questo non sarà quasi mai l' unico a modificarsi. È documentato, per esempio, un progetto di miglioramento genetico di un grande allevamento di volpi da pelliccia in Unione Sovietica in cui i riproduttori erano scelti basandosi su di un unico carattere comportamentale: la domesticità verso l' uomo.

Nel giro di un numero relativamente ridotto di generazioni si sono ottenuti animali geneticamente domestici, che anziché aggredire o fuggire cercavano spontaneamente il contatto con gli esseri umani. Ma insieme a questo cambiamento se ne sono verificati altri non previsti, sono apparse caratteristiche fisiche nuove e non desiderabili non presenti nei riproduttori originari, come le orecchie cadenti e, ancor peggio, il mantello pezzato (Coppinger e Coppinger, 2001).

Questo esperimento è un' ulteriore prova del fatto che non è possibile non influenzare altri caratteri quando si seleziona in funzione di uno di essi (o di un piccolo gruppo). Un processo di selezione coi paraocchi porta inesorabilmente alla comparsa di un fenotipo nuovo o almeno non previsto. Purtroppo questo criterio è quello che prevalentemente è stato applicato nell' allevamento canino.

L' aspetto morfologico dei riproduttori è praticamente l' unico elemento preso in considerazione, la conseguenza è la nascita di soggetti che possono risultare affetti da patologie sia di natura organica sia della sfera comportamentale . La modalità con cui gli individui reagiscono nelle situazioni di confronto può essere molto diversa. Il cane può combattere, fuggire o rimanere passivo. Ciascun soggetto tende ad avere più spesso una di queste modalità reattive; i soggetti definiti dominanti presentano comportamenti assertivi più frequentemente degli altri, reagiscono offensivamente con più facilità in situazioni di competizione, poiché considerano un maggior numero di circostanze come sfide al loro status.

Questi animali possono essere definiti soggetti alfa per la loro tendenza a cercare di assumere questo ruolo di leader nel gruppo famigliare (branco). La percentuale nella popolazione di soggetti che hanno questa tendenza ed assumere il ruolo alfa è anch' essa influenzabile selettivamente. Un soggetto alfa è più portato ad as - sumere, nelle situazioni di confronto sociale, le posture tipiche del dominante che sono testa eretta, orecchie dritte e rivolte in avanti, coda alta, ben piantato sugli arti e così via.

Questa postura è proprio quella che si ricerca sul ring delle esposizioni per valorizzare al massimo gli individui. È ragionevole pensare che premiando maggiormente gli animali che tendono ad assumere spontaneamente posture da cane alfa nei ring espositivi, e di conseguenza favorendoli in riproduzione, si sia aumentata la percentuale di soggetti connotati da una maggiore assertività.

Nella realtà famigliare non sempre (anzi quasi mai) è vantaggioso avere un cane con questo tipo di tendenze reattive, che più facilmente di un altro può sviluppare conflitti con il proprietario, specialmente se questi non è sufficientemente competente dal punto di vista etologico per inquadrare gerarchicamente il cane. Va detto che il problema è comunque fortemente condizionato dal contesto relazionale in cui l' animale vive: si parla infatti di sociopatia perché lo squilibrio è nella relazione e non se ne può ritenere responsabile una sola delle parti coinvolte.

Lo stesso cane, con un altro proprietario avrebbe potuto trascorrere l' intera vita senza mo - strare alcun sintomo di disturbi comportamentali. Sarebbe auspicabile una inversione di tendenza nell' allevamento canino, che prevedesse una valutazione delle caratteristiche reattive comportamentali dei cani prima di avviarli alla riproduzione.

Attualmente la regolamentazione italiana, delegata per decreto ministeriale all' ENCI, non prevede controlli obbligatori per l' iscrizione ai libri genealogici, nemmeno per il controllo delle malattie genetiche somatiche. Alcuni club di razza hanno previsto norme restrittive per il conseguimento di riconoscimenti e titoli, ma la percentuale sulla popolazione di soggetti controllati è molto scarsa e tutto è affidato alla coscienza (ed alle tasche) degli allevatori più coscienziosi. In altri paesi europei (come per esempio la Germania) le associazioni di tutela delle razze hanno l' autorità di poter indirizzare gli accoppiamenti e di impostare i programmi di selezione stabilendo i requisiti minimi che un individuo deve avere per andare in riproduzione.

Purtroppo sono veramente pochi i Club che oltre verificare la presenza di sintomi di malattie genetiche prevedono prove di attitudine comportamentali. Dovrebbe essere ben differenziato il risultato di un test attitudinale rispetto a quello di una prova di lavoro, che è il frutto di uno specifico addestramento, e quindi non automaticamente trasmissibile alle generazioni successive (Willis, 1995).

Pur essendo ormai innegabile una forte influenza genetica sulle caratteristiche reattive e sulla conformazione caratteriale degli individui, non si può prescindere dalle condizioni in cui si svolge la prima parte della vita del cane. Le esperienze precoci, modulate dalla reattività individuale, sono alla base dell’omeostasi sensoriale del cane.

Un cane geneticamente perfetto, ma non correttamente sollecitato nella fase della sua vita in cui dovrebbe acquisire le competenze di socializzazione ha elevate possibilità di sviluppare patologie del comportamento. Studi retrospettivi sulla correlazione tra luogo di sviluppo e problemi comportamentali insorti successivamente hanno stabilito che c' è un legame statisticamente significativo tra luogo e modalità di allevamento (allevamenti intensivi, allevamento famigliare, canili e rifugi, negozio di animali e così via) e patologie comportamentali (Serpell e Jagoe, 1995).

Da ciò si evince quanto le responsabilità degli allevatori siano rilevanti.

La figura del Medico Veterinario dovrebbe essere la referenza di elezione per una corretta impostazione fin dall' inizio della gestione del cane, con stimolazioni adeguate, giusta età di adozione, corretto inquadramento gerarchico del cucciolo e inserimento in un contesto compatibile con le sue esigenze etologiche razziali, anche in ragione del fatto che una rilevante percentuale di cani viene portata alla prima visita vaccinale quando il periodo sensibile è ancora in corso.

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